Il Made in Italy sbarca in Russia ed è polemica sulla partecipazione delle aziende italiane ad Obuv’ Mir Kozhi. Nonostante il conflitto in corso, Assocalzaturifici e BolognaFiere hanno organizzato la ciclica manifestazione calzaturiera a cui hanno preso parte circa 50 calzaturifici italiani. La fiera russa che si conclude oggi è diventata il perno di un dibattito che ha coinvolto il settore e le associazioni. Oltre la metà degli espositori è marchigiana e ha partecipato col supporto della Regione, entrata anch’essa al centro delle polemiche. Inevitabilmente la scelta ha spaccato l’opinione pubblica, tra chi sostiene la presenza degli imprenditori e chi invece la reputa inopportuna data la situazione attuale.
Il dibattito
Al centro del dibattito, la volontà di organizzare una fiera in Russia in un momento storicamente così delicato. BolognaFiere, organizzatrice della manifestazione con Assocalzaturifici, risponde spiegando di aver inteso onorare il contratto che la lega all’Expo di Mosca dal 1997. Questo anche per evitare le penali ingenti che si sarebbero palesate a seguito di recessione unilaterale del contratto pluriennale. A dimostrazione di ciò, BolognaFiere sottolinea che altri eventi previsti in Russia ed Ucraina, non saranno svolti. Manifestazioni come la Fiera Internazionale del Libro, sono infatti state prontamente cancellate con lo scoppio del conflitto.
In secondo luogo, c’è da considerare che la fiera non rientra tra le sanzioni imposte al Paese. In effetti le sanzioni decise per la Russia dall’Unione Europea, vietano l’esportazione di prodotti di lusso solo se di importo superiore ai 300 euro. Dal momento che gli espositori italiani hanno proposto calzature di inferiore valore, il problema delle sanzioni non sussisterebbe.
Russia e Made in Italy
Già la vigilia del Micam aveva evidenziato come il conflitto russo-ucraino avrebbe determinato conseguenze rilevanti sul Made in Italy. Come riportato dall’analisi condotta da Mediobanca e Micam, il mercato russo importa il 2,7% delle esportazioni del settore.
E’ chiaro che le sanzioni imposte alla Russia, stiano generando un ritorno negativo anche sulle aziende italiane, soprattutto per quelle operanti nel Made in Italy. E’ in particolare il mondo della calzatura a risentirne. Come evidenziato a più riprese da Siro Badon, il mercato russo è una priorità per l’industria della calzatura italiana. L’area orientale risponde infatti ad una domanda di beni di lusso e di fascia alta restata costante nel tempo.
Espositori: scelta inevitabile?
E’ per questo che quasi 50 calzaturieri italiani hanno scelto di partecipare alla manifestazione. La maggior parte sono marchigiani, partiti con il lasciapassare ufficiale della Regione. Sulla questione si è espresso anche il presidente Marche Francesco Acquaroli, che difende la scelta dei partecipanti.
Risulta evidente come ad una valutazione etica del problema, se ne accompagni una di ordine economico, altrettanto comprensibile. Come sottolineato anche dal Presidente di Confindustria Fermo, Arturo Veneziani, nel settore calzaturiero, molte aziende legano l’80% del proprio fatturato al mercato russo ed ucraino. Tra queste, tante stanno inoltre già scontando il problema di mancati pagamento ordini e consegna merci, a causa dell’espulsione della Russia dal sistema Swift.
Il buon numero di sottoscrizione ordini di cui si ha notizia dalla fiera, non mette quindi al riparo i calzaturifici italiani. Il 2022, ritenuto da molti come l’anno della ripresa, continua quindi a non restituire tranquillità.